RISARCIMENTO IN FAVORE DI PROSSIMI CONGIUNTI  ED EREDI

 

Le patologie contratte in seguito ad emotrasfusioni e somministrazioni di emoderivati, ma anche a seguito di infezione nosocomiale (cioè di contagio avvenuto in occasioni di ricoveri presso strutture pubbliche o private) o errore della struttura ospedaliera e del personale sanitario in essa operante causano danni non soltanto ai malati, ma anche ai prossimi congiunti delle vittime. La tutela del prossimo congiunto è infatti garantita qualora la patologia, pur non avendo avuto esiti mortali, abbia cagionato danni non patrimoniali, quali menomazione duratura e rilevante dei rapporti tra vittima o congiunto, oltre a sofferenza e strazio del congiunto per le gravissime condizioni di salute del proprio caro, ed anche danni patrimoniali dovuti alla necessità di accudire e supportare il proprio caro durante la malattia e quindi nella conseguente necessità di trascurare la propria attività lavorativa.

 

Le patologie contratte a seguito di trasfusione o somministrazione di emoderivato, a seguito di errore o omissione della struttura ospedaliera e del personale operante al suo interno, possono anche avere esiti mortali. Dopo il decesso, è comunque tutelata la situazioni dei soggetti legati alla vittima in quanto eredi o prossimi congiunti. Sebbene le due categorie siano spesso nei fatti coincidenti, ben distinte sono le posizioni giuridiche relative alle diverse condizioni.

I prossimi congiunti sono quei familiari che, a causa della prossimità alla vittima, erano a lui particolarmente legati da intensi vincoli parentali e affettivi. Assimilato al familiare è il convivente more uxorio.

Il danno risarcibile sarà appunto quello cagionato dalla prematura rottura di tali vincoli e, dal momento che il risarcimento è dovuto a titolo personale, spetterà per intero ad ognuno dei soggetti richiedenti, indipendentemente dal numero.

Per erede si intende colui che è chiamato a succedere alla persona scomparsa in tutti i suoi diritti e rapporti. Di conseguenza, se il defunto è stato danneggiato in vita, i suoi eredi avranno il diritto di domandare il risarcimento del danno subito dal defunto in quanto suoi successori. Il risarcimento ottenuto sarà ripartito pro quota tra gli eventuali coeredi.

In caso di decesso della vittima,

1)      gli eredi potranno ottenere il risarcimento:

–                    di tutti i danni patrimoniali subiti dal defunto;

–                    del danno biologico cagionato dalla patologia dovuta alla trasfusione e dalle sue dirette conseguenze, ovvero tutte le menomazioni psicofisiche subite dalla vittima;

–                    del danno da morte (tanatologico) che, sebbene per definizione risarcibile solo agli eredi, è a tutti gli effetti patito dal defunto, proprio in quanto soggetto privato del bene della vita;

–                    del danno morale, ovvero di tutte le sofferenze interiori che la patologia ha cagionato al paziente;

–                    del danno esistenziale, che consiste nel cambiamento radicale di stile di vita della vittima a causa della malattia;

2)      i prossimi congiunti, invece, avranno diritto al ristoro:

–                    del danno morale dovuto alla intima sofferenza provocata dall'aver assistito alla malattia e alla precoce scomparsa della vittima;

–                    del danno parentale, ovvero quel particolare danno esistenziale consistente nella rottura dell'unità familiare;

–                    del danno patrimoniale dagli stessi subito.

 

 

GIURISPRUDENZA

 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 1° luglio 2002, n. 9556, su domanda dei genitori di un bambino reso invalido alla nascita dall'imperizia dei sanitari e poi deceduto a soli nove anni, riconosceva che "ai prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima".

Una sentenza che ha costituito un punto di svolta, dal momento che in precedenza la giurisprudenza aveva costantemente negato questo diritto. A partire dalla pronuncia in esame è stato possibile, per familiari e conviventi more uxorio, ottenere pieno ristoro per il gravissimo pregiudizio morale cagionato dal prematuro decesso di una persona cara.

 

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 16 gennaio 2009, accoglieva la domanda di risarcimento per danno morale del marito di una donna contagiata da HIV per il danno a lui cagionato dalla lesione all'integrità psicofisica della propria congiunta. In particolare, veniva riconosciuta la risarcibilità del pregiudizio provocato dalla compromissione della vita di relazione, giudicato "non futile" e meritevole di tutela. Anche tale importantissimo aspetto della vita della persona, si riteneva, deve essere preso in considerazione nella valutazione complessiva delle conseguenze del fatto dannoso.

 

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 4 gennaio 2010, riconosceva ai familiari di un bambino contagiato da HCV, con successivo sviluppo di cirrosi ed epatocarcinoma, il risarcimento del danno morale causato dalla sofferenza e dall'ansia dovuti alle patologie che affliggono il loro caro.

Venivano considerati rilevanti la tenera età della vittima, la natura e la gravità della patologia, il suo decorso ed il timore per i suoi potenziali esiti. Si tratta, affermano i giudici, di elementi imprescindibili per la valutazione complessiva ed esaustiva della sofferenza interiore dei congiunti della vittima di una lesione.

 

Il Tribunale di Parma, con sentenza n. 554 del 2013, si esprimeva sulla domanda dei familiari di un malato di un emotrasfuso contagiato e successivamente deceduto. Era riconosciuto loro, in qualità di eredi, il danno cagionato dalla lunga malattia ed in seguito dalla morte al loro familiare. Inoltre, in qualità di prossimi congiunti, ricevevano ristoro per la morte del loro caro, anche in considerazione della durata e della gravità della malattia e della loro sofferta attesa dell'inevitabile conclusione.

La sentenza è stata un importante tentativo della giurisprudenza di venire incontro alla realtà delle intime sofferenze del familiare di un malato cronico e terminale: non può esservi piena giustizia senza la corretta ponderazione del dolore causato non solo dalla morte in sè, ma anche dalle sue modalità e dalla consapevolezza dell'inesorabilità della fine.

 

Il Tribunale di Torino, con sentenza 7790 del 2009 circa la domanda di risarcimento avanzata dagli eredi e prossimi congiunti di un emotrasfuso contagiato e deceduto per HIV, affermava che il termine di prescrizione entro il quale deve essere richiesto il risarcimento, sia a titolo personale che in qualità di eredi, comincia comunque a decorrere dal momento in cui la malattia è conclamata e non da quello del contagio.

Si tratta di una statuizione importante per i congiunti delle vittime di patologie che possono rimanere latenti anche per anni, garantendo loro la possibilità di ottenere motlo più agevolmente il dovuto ristoro per le sofferenze ingiustamente patite dal proprio caro.